Un benvenuto a tutti i cyberviaggiatori
mercoledì 30 dicembre 2009
martedì 20 ottobre 2009
27 NOVEMBRE - 19 DICEMBRE 2009
Salone della fontana
Centro Studi Psychè
Via Po 50 - Torino
(p.t. interno cortile)
OPERA MULTIMEDIALE DI :
Marco Corongi : fotografie
Stefano Greco : sculture, pitture, video
Giuseppe Leto : video
Salone della fontana
Centro Studi Psychè
Via Po 50 - Torino
(p.t. interno cortile)
OPERA MULTIMEDIALE DI :
Marco Corongi : fotografie
Stefano Greco : sculture, pitture, video
Giuseppe Leto : video
Roberto Posillico: musiche e ambientazione sonora
INAUGURAZIONE
venerdì 27 novembre ore 17,30
orario mostra
dal giovedì alla domenica 16,30 - 19,30
dal giovedì alla domenica 16,30 - 19,30
venerdì 17 luglio 2009
CYBERTIME - Del tempo e del divenire
IL TEMPO E L’UOMO
Esistono al mondo pochi concetti tanto ardui da definire, tanto problematici da connotare, quanto quella speciale categoria aristotelica che chiamiamo tempo. Paradossalmente, un’entità con cui pure ci misuriamo nella pratica di ogni giorno e dalla quale ci giungono riscontri continui nel corso dell’esistenza – un’entità, insomma, di innegabile concretezza nei rapporti indotti di causa ed effetto – sfugge misteriosa a una classificazione esaustiva che ne determini con precisione confini e peculiarità.
Cos’è dunque il tempo ? Qualcosa di singolarmente diverso a seconda del particolare punto di vista di osservazione dell’esaminatore e delle circostanze oggettive.
Il suo rivelarsi elastico, compreso tra due opposti ordini di infinità – l’estremamente piccolo e l’incommensurabilmente grande – il suo stupefacente accorciarsi e allungarsi per lo stesso soggetto che ad esso affida le proprie emozioni, rende davvero frustrante qualsiasi tentativo di affermarne la natura, eterea e turgida insieme.
Invano cercheremo di imbrigliarlo con la scansione dei centesimi di secondo nei cronometri di precisione o attraverso il conio di detti, proverbi, ammonimenti che aiutino a dipingerne la fisionomia.
Ricordo una volta in cui un amico, avendo notato su tutte le pendole di un negozio di arredamento il sussiegoso motto “tempus fugit” e masticando egli assai poco il latino, mi chiese candidamente se quella minuscola targhetta di metallo era…la marca del fabbricante. Lì per lì risi spudoratamente alla buffa uscita, ma poi, tornato serio, quasi sottovoce gli dissi : “Beh, in un certo senso si”. Aveva trovato il modo, l’ineffabile, di farsi un’altra volta beffe di noi, poveri acchiappafantasmi con le mani legate.
Il tempo. Un guizzo, una condanna, due facce contrapposte di un problema irrisolvibile.
Tante sono le esperienze legate al tempo e ognuno le ha conosciute, le ha vissute febbricitante: il tempo del piacere, della gioia, dell’esaltazione, rapido come il fulmine. Quello del dolore, della noia, del disagio insopportabilmente lento.
Me lo ricordo bene da militare: due ore al cinema, un lampo, le stesse due ore di servizio notturno alla polveriera, calato nel freddo e nella nebbia sulle rive del Mincio, una tortura feroce.
Inesauribili esempi ci mostrano quanto subdola appaia tale dimensione, come se essa non possedesse consistenza indipendente, intrinseca. Il tempo cronologico, almeno rispetto a noi viventi e pensanti, non è in sé, bensì soltanto in ciò che di esso percepiamo. Come dire una sorta di relatività casereccia, lontana da astruse equazioni ma terribilmente seria.
Infatti il tempo del passato si contrae, si accartoccia nella nostra memoria, si lacera, si frammenta in tanti minuscoli cocci di specchio, davanti a ciascuno dei quali, nostalgici o pentiti, orgogliosi o depressi, ci rivediamo sempre diversi. E il tempo del futuro, elusiva chimera, ci avvolge con le sue seduzioni cangianti e le sue crudeli ansie, pronto a mutare repentinamente maschera.
Oh, sforziamoci, sforziamoci pure ad afferrarlo, a stringerlo nelle nostre mani per comprenderne meglio la natura e il carattere: inutile, non ci riusciamo.
Ci danzerà intorno tra passato, presente e futuro, si esibirà nei suoi numeri spettacolari, nei suoi esercizi acrobatici e incomprensibili, un centomiliardesimo di secondo, diecimila miliardi di anni, ma non si farà rinchiudere in un laboratorio di analisi.
Poi un bel giorno, stanco di averci ubriacato di giochi e di funamboliche piroette, verrà alla nostra porta con aria molto compunta ad annunciarci che anche per noi è giunto il tempo. Quello inappellabile. L’ultimo.
Alcune delle prerogative che l’uomo riconosce al concetto di tempo, così come abbiamo faticosamente - e certo parzialmente - provato a interpretare, sembrano appartenere anche al Gruppo Arte Totale, impegnato nell’occasione a tradurne e comprenderne visivamente l’essenza.
Impresa di per sé al limite della follia, sia pure artistica: del resto è noto che non di rado arte e insania giocano a inseguirsi su binari paralleli.
Ma proprio per questa sua dimensione di sfida all’impossibile, i sei “temerari” che compongono il sodalizio affrontano la prova alla stregua di un semplice istante del loro divenire. Sapendo già, prima ancora di mettersi all’opera, che l’istante può rivelarsi breve o lungo a misura che lo si viva o lo si percepisca in una condizione d’animo o in una diversa.
Quello che però informa la natura dell’attività di Greco, Posillico, Leto, non è tanto la voglia di scoprire di quale tipo sarà la percezione - loro o altrui - di quell’istante, quanto di rappresentare con naturalezza essi stessi il fenomeno del divenire.
In altra parole il Gruppo Arte Totale, se appena se ne riguarda il cammino con un minimo di attenzione, mostra di anelare non allo sviluppo di una inquadrabile corrente artistica in evoluzione, bensì di costituire spensieratamente, di tale corrente, una colorata cellula felice.
Nando Tonon
Esistono al mondo pochi concetti tanto ardui da definire, tanto problematici da connotare, quanto quella speciale categoria aristotelica che chiamiamo tempo. Paradossalmente, un’entità con cui pure ci misuriamo nella pratica di ogni giorno e dalla quale ci giungono riscontri continui nel corso dell’esistenza – un’entità, insomma, di innegabile concretezza nei rapporti indotti di causa ed effetto – sfugge misteriosa a una classificazione esaustiva che ne determini con precisione confini e peculiarità.
Cos’è dunque il tempo ? Qualcosa di singolarmente diverso a seconda del particolare punto di vista di osservazione dell’esaminatore e delle circostanze oggettive.
Il suo rivelarsi elastico, compreso tra due opposti ordini di infinità – l’estremamente piccolo e l’incommensurabilmente grande – il suo stupefacente accorciarsi e allungarsi per lo stesso soggetto che ad esso affida le proprie emozioni, rende davvero frustrante qualsiasi tentativo di affermarne la natura, eterea e turgida insieme.
Invano cercheremo di imbrigliarlo con la scansione dei centesimi di secondo nei cronometri di precisione o attraverso il conio di detti, proverbi, ammonimenti che aiutino a dipingerne la fisionomia.
Ricordo una volta in cui un amico, avendo notato su tutte le pendole di un negozio di arredamento il sussiegoso motto “tempus fugit” e masticando egli assai poco il latino, mi chiese candidamente se quella minuscola targhetta di metallo era…la marca del fabbricante. Lì per lì risi spudoratamente alla buffa uscita, ma poi, tornato serio, quasi sottovoce gli dissi : “Beh, in un certo senso si”. Aveva trovato il modo, l’ineffabile, di farsi un’altra volta beffe di noi, poveri acchiappafantasmi con le mani legate.
Il tempo. Un guizzo, una condanna, due facce contrapposte di un problema irrisolvibile.
Tante sono le esperienze legate al tempo e ognuno le ha conosciute, le ha vissute febbricitante: il tempo del piacere, della gioia, dell’esaltazione, rapido come il fulmine. Quello del dolore, della noia, del disagio insopportabilmente lento.
Me lo ricordo bene da militare: due ore al cinema, un lampo, le stesse due ore di servizio notturno alla polveriera, calato nel freddo e nella nebbia sulle rive del Mincio, una tortura feroce.
Inesauribili esempi ci mostrano quanto subdola appaia tale dimensione, come se essa non possedesse consistenza indipendente, intrinseca. Il tempo cronologico, almeno rispetto a noi viventi e pensanti, non è in sé, bensì soltanto in ciò che di esso percepiamo. Come dire una sorta di relatività casereccia, lontana da astruse equazioni ma terribilmente seria.
Infatti il tempo del passato si contrae, si accartoccia nella nostra memoria, si lacera, si frammenta in tanti minuscoli cocci di specchio, davanti a ciascuno dei quali, nostalgici o pentiti, orgogliosi o depressi, ci rivediamo sempre diversi. E il tempo del futuro, elusiva chimera, ci avvolge con le sue seduzioni cangianti e le sue crudeli ansie, pronto a mutare repentinamente maschera.
Oh, sforziamoci, sforziamoci pure ad afferrarlo, a stringerlo nelle nostre mani per comprenderne meglio la natura e il carattere: inutile, non ci riusciamo.
Ci danzerà intorno tra passato, presente e futuro, si esibirà nei suoi numeri spettacolari, nei suoi esercizi acrobatici e incomprensibili, un centomiliardesimo di secondo, diecimila miliardi di anni, ma non si farà rinchiudere in un laboratorio di analisi.
Poi un bel giorno, stanco di averci ubriacato di giochi e di funamboliche piroette, verrà alla nostra porta con aria molto compunta ad annunciarci che anche per noi è giunto il tempo. Quello inappellabile. L’ultimo.
Alcune delle prerogative che l’uomo riconosce al concetto di tempo, così come abbiamo faticosamente - e certo parzialmente - provato a interpretare, sembrano appartenere anche al Gruppo Arte Totale, impegnato nell’occasione a tradurne e comprenderne visivamente l’essenza.
Impresa di per sé al limite della follia, sia pure artistica: del resto è noto che non di rado arte e insania giocano a inseguirsi su binari paralleli.
Ma proprio per questa sua dimensione di sfida all’impossibile, i sei “temerari” che compongono il sodalizio affrontano la prova alla stregua di un semplice istante del loro divenire. Sapendo già, prima ancora di mettersi all’opera, che l’istante può rivelarsi breve o lungo a misura che lo si viva o lo si percepisca in una condizione d’animo o in una diversa.
Quello che però informa la natura dell’attività di Greco, Posillico, Leto, non è tanto la voglia di scoprire di quale tipo sarà la percezione - loro o altrui - di quell’istante, quanto di rappresentare con naturalezza essi stessi il fenomeno del divenire.
In altra parole il Gruppo Arte Totale, se appena se ne riguarda il cammino con un minimo di attenzione, mostra di anelare non allo sviluppo di una inquadrabile corrente artistica in evoluzione, bensì di costituire spensieratamente, di tale corrente, una colorata cellula felice.
Nando Tonon
Euroboros - Terracotta - 2009
Equazione del tempo - Acrilico su tavola - 2008
martedì 10 marzo 2009
sabato 7 febbraio 2009
RIFLESSIONI SUL TEMA DEL LABIRINTO
Il tema del labirinto, (il primo lavoro è datato 1999) è uno degli elementi dominanti della mia ricerca formale. Nel 2002 ho presentato con IL Gruppo Arte Totale a Torino, presso la Cavallerizza Reale l'opera multimediale "Del labirinto e della via ermetica" . Ripropongo l'introduzione pubblicata nel catalogo della mostra
DEL LABIRINTO E DELLA VIA ERMETICA
L’immaginazione è lo strumento più efficace che l’uomo ha utilizzato per adattare, plasmare eventi e condizioni, ricondurre l’ignoto, esorcizzandolo, alla dimensione sensibile dell’esistenza. L’invenzione dei miti al pari di tutte le espressioni e i linguaggi dell’arte, rappresentano l’esempio più antico e esplicito di tale esercizio, narrazioni o raffigurazioni che hanno dato corpo alle paure, alle aspettative e alle emozioni più profonde dell’essere umano, il quale tenta di sconfigge il caos e l’ignoto stabilendo un ordine alle cose e ai fenomeni, usando come strumento rituale parole e immagini. L’immaginario, il mitico, il fantastico sono a loro volta i territori ove si ordiscono le strutture di ogni atto creativo.Il mito nasce dalle pulsioni dell’inconscio, dai recetti più intimi e nascosti dell’intelletto, e come tutti i prodotti dell’inconscio, al pari del sogno, talvolta appare assurdo e paradossale, avulso apparentemente dalla logica e da quei processi di elaborazione razionale che ne rendono esplicito il messaggio. Ma il mito racchiude sempre, come il sogno, un recondito significato, non un racconto fine a se stesso, un’amenità narrativa, ma una fonte di esperienza, un atto esortativo, teso a promuovere in ogni individuo un percorso iniziatico, che lo condurrà sui territori della conoscenza.Miti e sogni analogamente, mettono in scena una pluralità infinita di elementi prevalentemente simbolici, che acquistano quindi un senso solo se si riesce a decifrarne il significato, stabilendo fra di essi una rete di relazioni.Il labirinto è l’esempio più emblematico di archetipo mitologico, rappresentato da una struttura simbolica primordiale, concepita in un momento imprecisato della storia umana, non solo una forma ma una dimensione concettuale condivisa e riconosciuta universalmente, profondamente radicata nella memoria comune della specie.Tutte le culture, in ogni tempo e luogo, mosse da un’ancestrale pulsione significante hanno edificato labirinti di parole e di forme, codificando molteplici soluzioni formali variabili geometriche e linguistiche .Da oriente a occidente popoli ed etnie divise da distanze storiche e geografiche hanno concepito immagini intricate e misteriose, ma straordinariamente accomunate da un’unica inequivocabile struttura originaria.Ogni epoca ha concepito la propria idea di labirinto, adattando alle specifiche esigenze il mito originale, plasmando un modello estetico anche in funzione del proprio contesto culturale: dalle primitive incisioni rupestri al mito greco del palazzo di Cnosso, dai mandala tibetani ai mosaici delle cattedrali gotiche, dai giardini-labirinto europei ai karè-sansui giapponesi.Il labirinto come qualsiasi altra forma del racconto mitico, fa la sua comparsa sul percorso della storia umana prima dell’istaurarsi di un pensiero compiutamente razionalizzato, risulta pertanto parzialmente comprensibile, se analizzato solo esclusivamente con l’ausilio dei processi cognitivi del pensiero e della cultura moderna.Il labirinto contemporaneo può essere associato all’idea di un luogo mentale, in cui si realizza l’irrimediabile separazione tra due concezioni filosofiche, due mondi distinti e paralleli ove prevale il razionale o il trascendente, un ponte interrotto tra la concezione esistenziale del passato e quella del presente.Ma il mito del labirinto per quanto desacralizzato, spogliato dai suoi arcaici significati originali, rappresenta anche per la civiltà contemporanea ancora un modello di lettura e analisi del mondo, un’allegoria più che mai attuale che torna ciclicamente per trasmettere, con la sua carica di inquietudine, un monito o un messaggio in codice .L’uomo conduce la sua esistenza in un complesso sistema di labirinti in continua trasformazione. L’evoluzione scientifica e tecnologica, le variabili dei meccanismi economici e dei sistemi di produzione, gli irrisolti conflitti sociali e culturali, le incessanti incognite esistenziali non sono altro che labirinti dominabili attraverso un ostinato esercizio della ragione, quella ragione che ci permette anche di confrontarci e riflettere senza dogmi e granitiche certezze con la nostra dimensione spirituale.I personaggi che animano le vicende legate al labirinto del mito greco, sono anch’essi elementi di straordinaria valenza simbolica: Arianna, Teseo, Asterion, sono figure fondamentali nel contesto di questo lavoro e nel contempo oggetto di una particolare rilettura, tesa a proporre il ruolo dei protagonisti come metafora della lotta dal potere volta a dominare la follia e tutto ciò che è “anormale”. Teseo penetra nel labirinto per uccidere l’abominevole essere zoomorfo, non comprendendo che la “bestia” non è altro che l’altra immagine di se stesso. Teseo incarna la paura a confrontarsi con la diversità degli “altri” o con quel lato nascosto e segregato che alberga nell’inconscio di ogni individuo.Gli ambigui meccanismi che determinano le divisioni e l’applicazione dei valori etiche e morali, la violenta separazione tra “normalità” e “alienazione”, sancisce quindi le regole che organizzano le relazioni umane. La follia e la diversità sono interpretate dal potere come forze ostili e destabilizzanti, capaci di incrinare l’ordine delle cose, e instaurare il germe del caos. L’uomo “normale” è incapace di convivere con tutto ciò che può mettere in gioco le sue certezze e le sue convenzioni. Il rifiuto prevale sulla comprensione, la rimozione sulla ragione, vengono edificati altri labirinti, mentali e fisici, “navi dei folli” mandate alla deriva, luoghi di segregazione e isolamento per nascondere ciò che è abominevole o “contronatura”. La cattiva coscienza separa, sterilizza, lobotomizza, talvolta sopprime e comunque nasconde il più lontano possibile quei “palcoscenici” di dolore, solitudine ed emarginazione che appaiono come sfondi sfocati ed inquietanti della nostra quotidiana esistenza.La pittura , la scultura, la fotografia, le videocomposizione, la musica la danza, sono linguaggi e forme artistiche proposte in questo lavoro sotto forma di ricerca interdisciplinare, pulsioni espressive riunite in una sorta di rito esegetico, un percorso di immagini, suoni espressioni corporee che conducono lo spettatore verso nuove possibili interpretazione del mito.L’arte è un linguaggio, e come tutti i linguaggi ha la capacità straordinaria di comunicare ed edificare le forme del pensiero, riempiendo o esaltando il vuoto o annullando o amplificando il silenzio. L’arte non è quindi un processo estetico fine a se stesso, ma uno strumento di sintesi e mediazione tra materia e trascendenza. L’artista come uno sciamano compie gesti rituali capaci di dare forma all’invisibile e senso all’ignoto, organizzare segni e simboli attorno allo spirito generatore delle idee.Il lavoro in oggetto è il frutto di una ricerca corale, risultato della simbiosi di alcuni linguaggi e forme espressive dell’arte visiva, musicale e della danza, un processo creativo ispirato dalla filosofia progettuale del Gruppo ARTE TOTALE .Il G.A.T. costituito nel 1992 da un gruppo di artisti torinesi provenienti da varie esperienze culturali , è un laboratorio di idee, una fucina di attività sperimentali ed esperienze sostenute dal sincretismo dei linguaggi , che partendo dalle varie forme di comunicazione ed espressione, propone sul piano operativo, il principio e l’idea dell’arte come strumento di indagine e veicolo di emozioni estetiche totalizzanti. L’arte per il G.A.T. rappresenta un medium che unisce l’idea all’azione, che a sua volta si concretizza in un’opera che unisce le intuizioni individuali ad un processo di elaborazione collettiva capace di coinvolgere totalmente la sfera sensibile dello spettatore .Sono nate nell’arco di questi dieci anni di attività del laboratorio un numero cospicuo di opere, installazioni e performance multimediali presentate in occasione di numerose manifestazioni, patrocinate da enti culturali pubblici e privati.DEL LABIRINTO E DELLA VIA ERMETICA conclude un ciclo costituito da altre tre precedenti opere multimediali : LA CASA DI ICARO (1992) , L’OPERA AL NERO (1998) , GOLEM (2000), fasi e momenti di una ricerca tesa a indagare il rapporto tra l’uomo e il dominio della conoscenza condotta attraverso la rilettura dei miti.
OTTOBRE 2002 - GRUPPO ARTE TOTALE
STEFANO GRECO
Nasce a Torino nel 1958, si avvicina giovanissimo alle arti visive sotto la guida del padre Aldo Greco, scultore e pittore. Frequenta fin da ragazzo le figure più rappresentative dell’ambiente artistico torinese, in particolare l’architetto e artista futurista Diulgheroff, punto di riferimento congiuntamente agli insegnamenti paterni, delle sue prime esperienze artistiche giovanili.
Allievo di Giovanni Penone e Piero Ruggeri frequenta il I° Liceo Artistico di Torino diplomandosi nel 1976.
Nel 1977 intraprende gli studi universitari presso il Politecnico di Torino laureandosi in Architettura nel 1982.
Espone per la prima volta nel 1980 in una collettiva di scultura presso la Galleria d’arte “ Ideogramma” di Torino.
Dal 1985 in poi svolge oltre l’attività di artista la professione di architetto, designer e docente di Arte e Immagine
Nel 1992 è ideatore e fondatore del laboratorio multimediale e di arte contemporanea “Gruppo AT” (Arte Totale) sigla con la quale ha firma una serie di opere multimediali, performance ed eventi artistici di grande successo.
Da questa esperienza nasce nel 2001 l’Associazione Artistico Culturale “Arte Totale” di cui è presidente. Ha realizzato dal 2002 come sceneggiatore e regista una ricca produzione di opere video. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Vive e opera a San Mauro Torinese (TO).
Allievo di Giovanni Penone e Piero Ruggeri frequenta il I° Liceo Artistico di Torino diplomandosi nel 1976.
Nel 1977 intraprende gli studi universitari presso il Politecnico di Torino laureandosi in Architettura nel 1982.
Espone per la prima volta nel 1980 in una collettiva di scultura presso la Galleria d’arte “ Ideogramma” di Torino.
Dal 1985 in poi svolge oltre l’attività di artista la professione di architetto, designer e docente di Arte e Immagine
Nel 1992 è ideatore e fondatore del laboratorio multimediale e di arte contemporanea “Gruppo AT” (Arte Totale) sigla con la quale ha firma una serie di opere multimediali, performance ed eventi artistici di grande successo.
Da questa esperienza nasce nel 2001 l’Associazione Artistico Culturale “Arte Totale” di cui è presidente. Ha realizzato dal 2002 come sceneggiatore e regista una ricca produzione di opere video. Ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all’estero. Vive e opera a San Mauro Torinese (TO).
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